Quando il viaggio non è turismo superficiale, ma conoscenza, umanità


Messico: nel mistero del Chiapas


Il Chiapas costituisce l’estrema regione meridionale del Messico, al confine con il Guatemala, e come tutti i profondi sud si differenzia nettamente dal resto del paese. Innanzi tutto rappresenta il tratto più stretto del Messico, dove il continente nordamericano si riduce ad una lingua di terra, affacciato con enormi spiagge deserte sul Pacifico. In basso predomina l’esuberante foresta tropicale, di cui un ampio tratto risulta occupata dalla Selva Lacandona, seconda per estensione nell’intero continente americano solo a quella amazzonica, ma al centro le montagne si alzano fino a 2.700 metri con bellissime foreste di conifere punteggiate da canyon, torrenti, cascate e laghi.
Assieme alla vicina penisola dello Yucatan, di cui il Chiapas costituisce la base, questo territorio estremamente vario è stato la culla di una delle più grandi civiltà antiche, quella dei Maya, un popolo di grande fascino e cultura ma dalle enormi contraddizioni, che dette vita ad enormi agglomerati urbani ma non seppe mai creare uno stato unitario, che arrivò prima di noi al concetto dello zero, a suddividere l’anno in 365 giorni ed a prevedere le eclissi ma non conosceva la ruota, che sapeva tanto di astronomia ma era incapace di forgiare i metalli, che ha lasciato stupefacenti costruzioni pubbliche ma nessuna abitazione privata, che costruiva strade, canali e fognature ma non usava animali da soma. Unitamente ad importanti tesori naturalistici, le foreste del Chiapas nascondono pregevoli siti archeologi, alcuni ancora poco noti, altri ancora da scavare, ma la cui visita assume il fascino delle scoperte del secolo scorso, così come nei luoghi più reconditi della regione hanno trovato rifugio gli indios, discendenti degli antichi maya, quando la loro civiltà si dissolse, mantenendo intatte lingua, cultura, tradizioni e cosmogonia, che nemmeno i conquistadores spagnoli riuscirono ad annientare.

COME ANDARCI - L’operatore milanese “Drive Out Viaggi” (tel. 02 48 51 94 95, www.driveout.it), specializzato in viaggi a valenza culturale e specialista sulla destinazione Messico, propone in Chiapas un singolare viaggio in fuoristrada di 9 giorni interamente dedicato alla scoperta di località di interesse archeologico e naturalistico poco note e poco frequentate in quanto ubicate in luoghi di difficile accesso, nel pieno della giungla o sulle montagne. Alcune notti vengono trascorse in campi gestiti da comunità dei Lacandoni, indios discendenti dai maya che vivono isolati nella Selva Lancadona, la stessa che protegge da anni il celebre subcomandante Marcos e i suoi guerriglieri.
Partenze settimanali individuali, minimo due persone, o per piccoli gruppi per tutto l’anno con voli di linea Iberia dai principali aeroporti italiani su Città del Messico, quote da 2.280 euro in mezza pensione con la miglior sistemazione alberghiera possibile e accompagnatore-autista italiano.


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L'articolo della grande firma


Africa: “Stai tranquillo: presto pioverà”: Ma quando?


È tutto secco, giallo, bruciato dal sole rovente, c’è polvere ovunque, respiri polvere, mangi polvere, sudi polvere.


di padre Cesare Baldi (Misna)



È un’esperienza che non auguro a nessuno: ti cambia la vita, ti cambia il modo di sentire te stesso, quelli che ti stanno intorno e perfino Dio.
La siccità in Africa è una delle esperienze più drammatiche e difficili da vivere perché mette a nudo la tua fragilità, la tua povertà.
Noi missionari, noi bianchi, così abituati a possedere, ad avere in abbondanza, a vivere di sovrappiù e a donare, offrire, dare, dare, dare… così abituati ad essere un poco più in su degli altri, anche solo leggermente, come fosse un carattere naturale, durante la siccità prendiamo atto della nostra piccolezza, sbattiamo il naso contro la nostra impotenza e ci accorgiamo che il benessere che portiamo con noi, che fa parte della nostra vita, del nostro esser lì, non è poi così abbondante da arrivare a tutti, sono troppi, hanno troppa fame e sete, sono troppo deboli, non ce la fanno, non possono farcela!
È tutto secco, giallo, bruciato dal sole rovente, c’è polvere ovunque, respiri polvere, mangi polvere, sudi polvere.
E la pioggia non c’è, è da mesi che non si vede ed è certo, sicuro, matematico che non si vedrà ancora per mesi!
Ma questa povera gente come farà a sopravvivere?!
Te lo chiedi quasi per stanare un dio rassicurante, che si affrettasse a dirti: “Stai tranquillo, presto pioverà!”.
Invece no, il tuo Dio tace, è lì davanti a te e prima di te, molto prima di te, che soffre vicino a quella giovane donna dal seno avvizzito che piange con un bimbo tra le braccia, ancor più avvizzito del seno!
Se ci credevamo dei salvatori, allora bastano pochi mesi di siccità per farci cambiare idea, per rimettere a fuoco le visioni distorte.
Ciascuno allora reagisce secondo la sua indole, ma nessuno si esime dal darsi da fare: qui si tratta di aiutare a sopravvivere o di lasciar morire.
È proprio allora, quando l’inedia si affaccia di continuo nella tua vita, che ti accorgi di avere troppo, di possedere una quantità incredibile di cose, e cominci a pensare che non servono, cominciano a darti fastidio, ti pesano.
La siccità ti costringe a fare i conti con l’essenziale, ti mette a nudo.
Quando entri per la quinta, sesta, settima volta nelle solite capanne di argilla secca ricoperte di paglia, con un letto di rami intrecciati, due fili stesi sotto la volta impolverata, con appesi quattro stracci logori, e ti chiedi “ma è tutta qui casa sua?” e poi ti accorgi che la sua vita finiva lì perché era da troppo tempo che non mangiava.
E quel che faceva la differenza, il peso specifico di quella vita, era la serenità, il conforto, la solidarietà che aveva seminato tutt’intorno. Allora raccogli le forze che hai per spargerne il più possibile, e quanto bisogno c’è di queste sementi in tempo di siccità, fosse anche solo una goccia da condividere!
Affiora così inevitabile la domanda di come fanno gli “altri”, quelli su al nord, a non capire, a non sentire, a non vedere quel che si sta vivendo qui.
Come fanno ad essere così ciechi e sordi, così pieni di sè?
E vorresti che la tele, la radio e le agenzie parlassero di come si soffre, di come si muore, di quest’ennesima strage degli innocenti che si sta consumando per l’inerzia, la malafede, la cupidigia di molti, al nord come al sud.
Con pochi soldi gli elefantiaci organismi internazionali potrebbero prevenire e sanare queste situazioni; con pochi spiccioli i grandi stati industriali potrebbero aver debellato da tempo la piaga della fame …nossignore, non diciamolo, e soprattutto non pensiamoci, guardiamo piuttosto all’ultimo scandalo finanziario, al bel risultato della partita, al primo escluso dal “Grande Fratello” e dell’Africa parliamo sì, ma solo a proposito della Coppa delle nazioni che è cominciata al Cairo e tutti lì ad ascoltare al tg il solito esperto che, incosciente di siccità e di storia, ci parla di un’Africa libera, “dove si fa quel che si vuole, si mangia quando si vuole, ci si veste come si vuole…”.
Che abbia confuso l’Africa con il suo albergo?




Una perla è soltanto un granello di sabbia... Ecco il deserto del Qatar

Un piccolo stato nel Golfo Persico, incastonato nell’area mediorientale fra Arabia Saudita, Kuwait, Bahrain, Emirati Arabi Uniti e Oman: il Qatar. Una perla dal passato che, grazie alla sua bellezza e all’impegno del Qatar Tourism Authority, si sta inserendo fra le più fresche destinazioni turistiche, come un antico gioiello del futuro. I suoi mille riflessi, il giallo, l’azzurro e il rosso, in infinite varianti, sono la sabbia, il mare, il cielo, i vestiti, le spezie, gli occhi, i volti, le tradizioni che vivificano oggi più che mai questo paese dalle radici immerse in un’era remota, ma con lo sguardo rivolto alla modernità.
Dominanti, il giallo e il blu. Se il mare è ovunque simbolo di ricchezza, il deserto, suo contraltare, è tradizionalmente il terreno del vuoto e del raccoglimento spirituale. Ma le vaste sabbie del Qatar aprono il loro sensuale orizzonte a chiunque abbia il senso della scoperta, e possono diventare lo scrigno prezioso di un viaggio all’insegna dell’avventura. Per aprire la porta su questa dimensione in cui il tempo appare sospeso, bastano pochi chilometri dal centro della capitale Doha: città e deserto in Qatar si lambiscono a vicenda in un dolce abbraccio.
Affidandosi a tour operator esperti si può entrare in questa regione misteriosa. Si parte per una gita di un giorno o per un’escursione con pernottamento nel deserto, sotto un cielo da ‘Mille e una Notte’.
Altri momenti sono dedicati al giusto relax, quando ci si ferma negli accampamenti intorno al fuoco per un picnic o un barbecue, ascoltando musica araba o assistendo a uno spettacolo tradizionale. In alcuni casi è anche possibile cavalcare cammelli o praticare sci sulle dune. Tutto questo con la promessa di raggiungere un’area di straordinaria bellezza.
Il viaggio punta infatti al Mare Interno, circondato da spettacolari dune a forma di mezzaluna (Barchan), a sud est della penisola qatariana. Qui, la rigenerazione dopo il deserto: immergendovi nelle acque tiepide e cristalline del Golfo il cerchio dei colori si chiude, si passa dal giallo delle sabbie al blu del mare. Poi ci sarà il ritorno, ma il mistero del deserto sarà ormai penetrato nella vostra anima.

PER MAGGIORI INFORMAZIONI - Qatar Tourism Authority - Divisione Relazioni Pubbliche e Comunicazione - P.O. BOX 24624 - Doha, Qatar - +974 4411 555 - +974 4372 993 (fax)


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Mer, 15 mar 2006