San Valentino. Per chi vuol vedere in coppia l'arte, ecco l'omaggio agli innamorati e non. Un biglietto nei musei statali non si paga. Purtroppo, neppure a pagamento, San Sigismondo si può vedere.
Tutto sbarrato. proseguono i lavori per trasformare il gioiello dell'arte lombarda in monastero di clausura. Hanno fatto enorme effetto, in proposito, due fatti: le foto dei lavori in cantiere e il silenzio dei responsabili.
Ma sotto sotto cominciano a trapelare le linee della difesa di quelli che stanno eseguendo i lavori, colti evidentemente di sorpresa dalla pubblicazione delle foto segrete delle operazioni in corso d'opera, che non mostrano soltanto i normali dissesti del cantiere, ma anche ferite profonde.
La maggiore azione difensiva riguarda la rimozione del pavimento del chiostro. E qui si afferma, come se fosse elemento di discolpa, che il pavimento non sarebbe quello originale ma che risalirebbe alla fine dell'' 800 e che comunque era irrecuperabile. La tesi zoppica da tutte le parti: in primis perché la tutela di un monumento risale a 50 anni e quindi questo pavimento sarebbe comunque da salvaguardare; in secondo luogo moltissimi, compresa la fotografia che pubblichiamo, sostengono che non era affatto irrecuperabile. Le fotografie portate da chi ha chiesto l'autorizzazione direbbero il contrario, ma quando sono state scattate, dove, in che punti smentiscono il dato di fatto che spazzare via tutto costa meno che conservare? Cosa direbbero da Dresda dove hanno recuperato persino i frammenti di pochi centimetri dalle macerie del bombardamento alleato?
In ogni caso, tutte le persone, “legate per molteplici aspetti” a San Sigismondo, con cui abbiamo avuto la possibilità di confrontarci non hanno il ricordo di una situazione “non recuperabile” della pavimentazione. Si tratta di amici/conoscenti che hanno frequentato il luogo fino a pochi giorni dall’apertura (e totale chiusura ad altri livelli) del cantiere.
Ma andiamo avanti: la Sovrintendenza di Brescia ha poi seguito con eccezionale (data l'importanza del monumento) i lavori in corso? Non potrebbero essere influenzati i suoi giudizi dalla sequenza dell'intervento che non ammette passi indietro?
I pozzetti degli impianti che spuntano comunque sulle trincee degli antichi pavimenti gridano vendetta a Dio. Se proprio si doveva procedere, perché non si è utilizzato il bordo estremo del giardino?
Pare comunque che si concluda, tutti allegri, che in fondo quello che si è fatto sarebbe il male minore. Due "sole" cose, si dice, non sarebbero state autorizzate. Nientemeno che:
1- Alcune tracce nei muri, per il posizionamento, di parte, dell’impianto elettrico, non sono state autorizzate
2- L’asportazione di alcuni intonaci. all’interno del chiostro, non è stata autorizzata.
Dati non trascurabili, anche se si tiene a farli apparire come tali. Marco Tanzi, per esempio, da noi interpellato, esprime tutta la preoccupazione per quanto gli intonaci, anche parzialmente, potessero nascondere e come dunque dovesse essere effettuato uno screening particolarmente accurato con i mezzi tecnoclogici oggi a disposizione per accertare cosa eventualmente nascondessero. Lo screening è stato effettuato con i mezzi adatti o ci si è limitati a un tanto al chilo? Due violazioni, comunque, accertate. Non dovrebbero preludere a una denuncia? Pensate al povero cittadino con la finestra sul palazzo anni 1930 da allargare. Che gli piomberebbe addosso?
Pare comunque che la Sovrintendenza di Brescia prima o poi si farà viva. Decisivo sarà anche il confronto con la Sovrintendenza Regionale che può intervenire in quanto è gerarchicamente sovrastante.
Speriamo comunque che lo spiraglio si allarghi e si apra quel confronto cittadino che un monumento come San Sigismondo meriterebbe. Chi ha paura di Virginia Woolf, ovvero di parlare del restauro e della chiusura al pubblico di gran parte del monastero?
Noi ci siamo battuti a viso aperto. Dalla parte opposta la reazione si sono avuti un’ iniziale inquietudine, fastidio, silenzio, l'arroganza contro ciò che voleva essere uno strumento per ricevere risposte, affinché si illuminasse ciò che illuminato non appariva.
Prima si è affermato che si taceva perché "nessuno avrebbe dato suono alle nostre ragioni".
"Il Vascello" ha replicato che avrebbe obiettivamente riferito il parere delle parti in causa, senza censure di nessun genere.
A questo punto la strategia è mutata. Nessuno ha potuto dire che non c'era possibilità di controb
battere. Si è scelta, allora, la strategia del motivato silenzio per preparare un documento il più soft possibile. La velatura degli errori sarà il prossimo passo alla luce degli interventi tecnici più colti che hanno già indirettamente bollato come fuori misura l'operazione? (si legga in cultura Anna Lucia Maramotti).