Roberto Farinacci: anche Cremona si accorge che c'era, e due giovani lo raccontano in un libro tradito dal titolo
E' stato presentato in Biblioteca con grande interesse di pubblico ed un magistrale intervento dello storico e politologo Giorgio Galli che ha firmato la prefazione- E in questa pagina i due articoli di Pietro Gobetti con
l'"Elogio di Farinacci" (cliccare)
Accantonato il pregiudizio ideologico, agevolato dal silenzio della borghesia cremonese, che sconta una grandiosa coda di paglia, è scoppiato l'interesse intorno alla figura di Roberto Farinacci. Di recente lo hanno incontrato sulla loro strada molti storici del fascismo, direttamente o di striscio, ed è uscito anche un libro specifico firmato dal giornalista Roberto Festorazzi che se da un lato ha avuto il merito di ricostruire una immagine più credibile del personaggio rispetto alla figura retorica in parte già diffusa durante il fascismo, purtroppo ha peccato di alcune notevoli imprecisioni documentarie.
Ma è giunta una ricerca firmata da due giovani autori cremonesi, Sergio Vicini e Paolo Dossena che si sono avventurati nell'impresa non facile di ricostruire la vita di Roberto Farinacci basandosi sui documenti, con uno stile sciolto ed antiaccademico.
Non tutto è stato detto, molto rimane da scrivere, alcuni riferimenti sono stati un po' troppo accantonati, ricordiamo il contributo in particolare di Armando Parlato e di Francis Demers, lo studio su Evola e Diorama, qualificatissimo inserto culturale del "Regime Fascista" voluto da Roberto Farinacci, ma il lavoro dei due giovani autori pubblicato da Hobby & Work merita attenzione.
Purtroppo l'editore ci ha messo la mano con tagli radicali, ma costituisce una base per affrontare un personaggio complesso che ha recitato un ruolo da protagonista nella storia del fascismo, ora accantonato ora in presa diretta sul piano nazionale e internazionale.
Il libro è stato presentato magistralmente dallo storico politologo Giorgio Galli che in una quindicina di minuti ha tracciato un percorso puntuale, preciso e inoppugnabile di Roberto Farinacci nella storia del fascismo ed in particolare nelle relazioni con Benito Mussolini.
Il tutto è avvenuto davanti a una folla che ha occupato la Biblioteca Statale, che si è ben disposta con l'organizzazione della direttrice Piccioni e l'intervento dell'assessore alla cultura Berneri: a conferma dell'attualità di questo personaggio ormai consegnato alla storia. Resta solo un cenno di rammarico: il titolo del volume "Lupo vigliacco" che è una scorretta citazione di una frase di Curzio Malaparte e l'altrettanto inesatta qualifica, in quarta di copertina, di Farinacci come "il fascista che voleva fare le scarpe al Duce". Nel lavoro di Vicini e Dossena si dice altro. In ogni caso, un libro da leggere, nonostante il titolo. In un futuro lavoro si potrà fare di più.
Nel corso del dibattito è stato letto anche un doppio intervento "Elogio di Farinacci" , un sensazionale doppio scritto di Piero Gobetti in "Rivoluzione liberale", una prima volta il 9 ottobre 1923, una seconda il 19 febbraio 1924. Nulla è più lontano da Piero Gobetti che il fascismo farinacciano, lo sappiamo bene, ma l'intervento ha il suo valore come presa di posizione nell'acceso dibattito nazionale tra una ipotesi di stato verticistico, ancora legato a schemi aristocratici e governato da una borghesia di censo e di capitali che pretende per questa ragione di mantenere le leve del potere o comunque di assegnarle in nome di interessi più o meno confessabili e la legittimazione di un potere che nasce dl basso, dal sacrificio e dalla lotta, un potere "liberato" in un certo senso dagli opportunismi ad ogni livello.
Piero Gobetti riconosce a Farinacci che "i patti di lavoro da lui sottoscritti sono tra i più evoluti d'Italia (si riferisce ai patti colonici per i quali Farinacci chiama anche a trattare sindacalisti di battaglia del socialismo emiliano, facendo fronte alle richieste esose degli agrari locali che lo avevano sostenuto e lo finanziarono nella realizzazione del quotidiano "Cremona Nuova" contro "La Provincia" di Sacchi, della quale con scarso senso storico oggi i successori di quegli stessi agrari reclamano la continuità con "La Provincia" affidata a Enrico Pirondini). Gobetti afferma dunque, e con il suo gusto del paradosso e con senso provocatorio che gli è tipico, il valore del "potere per merito" che senza mezze parole assegna riconosce a Roberto Farinacci. La lettura dei due testi di Piero Gobetti ha suscitato, ovviamente, grande sensazione e molti lettori hanno chiesto a "Il Vascello" di poterli rileggere in versione integrale.
Inizio anni '30. Farinacci alla inaugurazione della Colonia di Senigallia da lui voluta per i balilla cremonesi. Nei testi, sotto, Farinacci in partenza per l'Africa Orientale (si noti, ancora con entrambe le mani, ne perderà una pescando con una bomba a mano in un laghetto dell'Etipoia) e , più sotto, allo scoppio della seconda guerra mondiale.
"Elogio di Farinacci", di Piero Gobetti
(Rivoluzione Liberale - "Commenti" - 9 ottobre 1923)
Vogliono ammazzare il fascismo. Lo fecero servire per un anno a ricreare le fantasie, a ristorare gli spiriti e a satollare i corpi. Ora basta. Il fascismo ha una grave colpa: è ancora troppo intransigente, troppo serio per gli italiani; impone di credere ad una parte politica e di prenderne le responsabilità. Invece gli italiani hanno una giusta stima del proprio ingegno e della propria versatilità e sorridono all'idea di essere sinceri ed onesti. Piacevoli maestri di trasformismo, ideatori fecondissimi di varie combinazioni personali, sanno esattamente quanto le astuzie e i giochetti riescano più pratici e accessibili che le noiose intransigenze.
Se a noi ostinati nemici della prima ora sono riconosciuti legittimi diritti di paternità verso il fascismo (almeno perché gli regalammo nella polemica qualche dottrina valida a ricoprire pudicamente la sua vergognosa povertà) tutta la useremo a difenderlo con franchezza. Farinacci ha scolpito la situazione in queste brutali parole:
"Una corrente alimentata da opportunisti e da affaristi vorrebbe creare il mussolinismo intorno al Duce per isolarlo dal Fascismo".
Ci sono troppi opportunisti: Baroncini e Farinacci sono uomini. Si può non veder chiaro nelle loro cooperative e nei loro affari; certo hanno continuato, ingigantito il parassitismo rosso. Ma i veri affaristi sono quelli che si godono gli stipendi a Roma fabbricando teorie. I veri affaristi sono gli intellettuali; non questi sani analfabeti che scrivono gli articoli sgrammaticati, ma sanno tenere la spada e il bastone in mano. Se un fascismo potrebbe avere per l'Italia qualche utilità esso è il fascismo del manganello.
Farinacci e Baroncini difendono delle posizioni personali illegittime, ma conquistate col sacrificio e coi muscoli: dietro di essi ci sono centomila giovani che al fascismo non hanno chiesto di guadagnare o di risolvere il problema della propria disoccupazione; ma vi hanno portato la loro esasperata aberrazione, la ripugnanza per i compromessi e gli opportunismi. Noi dobbiamo rispettare in questa ignoranza e in questa barbarie un senso di dignità e una prova di sacrificio. I teorici di Roma sono di tutt'altra razza, vorrebbero guadagnare posizioni ugualmente redditizie scrivendo articoli e confondendo concetti. Ma essi non hanno nulla da insegnare agli italiani: Farinacci e Baroncini sono più colti, cento volte più colti di Massimo Rocca, come un ragioniere è cento volte più colto di un ex anarchico."
"Secondo elogio di Farinacci" di Piero Gobetti
(Rivoluzione Liberale - "Uomini e Idee" - 19 febbraio 1924)
In Cremona Nuova del 12 febbraio l'on. Farinacci scrive:
"Nessuno può e deve dimenticare che il leader degli oppositori, Ivanoe Bonomi, fu successivamente antifascista e fascista: antifascista nel ministero Giolitti; fascista nel periodo elettorale. Ricordiamo, fra i molti, un episodio che lo caratterizza e lo definisce. Eravamo una sera a Mantova, quando giunse la notizia delle violenze socialiste a Poggio Rusco; fu Bonomi - ministro scadente - che mise la automobile ministeriale a disposizione dei fascisti che nella notte stessa dovevano distruggere la cooperativa di quel paese! E nelle giornate meravigliose della lotta elettorale del 1921, lo vedemmo marciare sotto i nostri gagliardetti, e assistemmo ai suoi comizi ben protetto dalle balde nostre camicie nere. Coll'aiuto dei nostri voti riuscì capolista nella circoscrizione di Mantova-Cremona".
"Nel 1919, durante quel burrascoso periodo elettorale, noi fummo a fianco di Leonida Bissolati. Questi - mentre in automobile si portava con alcuni amici a Piadena per tenervi un comizio, che poi non tenne perché impedito violentemente dai socialisti di Garibotti, Turati, Treves e compagnia, i quali lo insultarono, lo sputacchiarono e gli usarono ogni sorta di violenze, e peggio gli sarebbe occorso se attorno a quegli che un giorno fu il nostro maestro non si fosse serrato un forte gruppo di fervide anime giovanili - discorrendo del ministero Orlando, dal quale si dimise per ragioni di coerenza, definì Bonomi un "uomo la cui ambizione lo rendeva compassionevole". Bonomi e Berenini avevano dichiarato a Bissolati di essere completamente solidali con lui nelle direttive della politica esterna assicurandolo inoltre che lo avrebbero seguito in ogni sua decisione. Bissolati si dimise, ma Bonomi rimase al Governo, pronto a mutare pensiero ed atteggiamento".
L'on. Farinacci é il tipo più completo e rispettabile che abbia espresso sinora il movimento fascista. Non solo come uomini politici, ma come coscienze, per disinteresse e austerità personale, i ras Farinacci, Barbiellini, Baroncini, Forni, sono superiori a tutta la schiera dei ciarlatani del revisionismo. Già il revisionismo é nato a Roma, all'Excelsior, confortato di ricche prebende, mentre i ras rappresentano la provincia, si battono per esigenze concrete, si sacrificano come disperati, non si sono parlamentarizzati, sono rimasti barbari, sdegnosi di Capua o delle mollezze romane.
Farinacci non teme di parlare di Bissolati come del suo vecchio maestro; e un democratico autentico non può esitare a sentirsi oggi cento volte più vicino a Farinacci che a Massimo Rocca. Farinacci é certo meno schiavista del commendatore Libero Tancredi, e i patti di lavoro ispirati da lui nel Cremonese, come quelli di Forni, Baroncini e degli altri "ras", non sono un tradimento per il movimento proletario, sono i migliori patti di lavoro vigenti oggi in Italia. Altro che sindacalismo di Rossoni e di Michelino Bianchi!
Farinacci é nemico del prefetto, non può soffrire gli ordini di Roma, di quelli che non vedono e credono di vedere, e risolvono tutto con schemi teorici e leggi generiche. Di fronte al prefetto Farinacci rappresenta la rivoluzione, il principio dell'autogoverno, la sovranità popolare. Rendiamogli onore: lo spirito di Bissolati é in lui, almeno nei limiti in cui può esserlo un fascista. È un discepolo onesto: non ha venduto Cristo per i trenta denari di un Ministero di Lavori pubblici.
Si dice che Farinacci non abbia cervello. Senonché quando il cervello serve ai sindacalisti fascisti per diventare deputati e agli ex-anarchici per diventare commendatori, non ci dovremo rammaricare se al posto del cervello e delle filosofie politiche troviamo in un uomo dell'intransigenza. Forse é qualcosa di meglio. L'Italia ha più bisogno di caratteri che di pseudo-filosofanti.
Nell'invettiva di Farinacci contro Bonomi si sente il fremito di una coerenza; un fatto più nobile e più ideale di tutte le teorie trasformiste dei troppi neo-Fera fascisti.
-----
Le fotografie che illustrano questa pagina e mostrano momenti della vita di Farinacci sono tratta dai documentari dell'Istituto Luce e sono quindi, a loro modo, degli inediti assoluti.
Altri riferimenti e servizi compiuti (al di là delle citazioni occasionali) che si riferiscono alla attività di Roberto Farinacci ne "Il Vascello" si possono reperire:
• nell'inserto di Dossier (cliccare qui) dedicato alle caricature che lo accompagnarono durante il ventennio
• in "Lo squadrismo a Cremona" di Giuseppe Azzoni
• in "50 anni fa moriva Guido Miglioli campione del sindacalismo contadino" ed in particolare in "Quando Miglioli tentò di mediare tra CLN e Farinacci" (cliccare qui)
• "Roberto Farinacci contro i gay", la pederestia come strumento politico anche per far fuori Augusto Turati, suo successore alla segreteria del PNF".